XX° SECOLO - IL SECOLO DEI GENOCIDi -
Il Novecento rimarrà nella storia come il "secolo dei genocidi", un periodo in cui violenza, sterminio di massa e guerra hanno raggiunto livelli senza precedenti. Ciò non vuol dire che "stermini di massa" non ci siano stati in passato, ma solo che nel XX° secolo la miscela avvelenata di razionalità totalitaria, nazionalismo e modernità ha generato la sanguinosa e brutale "specialità" del genocidio (Bernard Bruneteau).
Con "genocidio", secondo la definizione adottata dall'ONU, si intendono
«gli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:
- uccisione di membri del gruppo;
- lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
- il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
- misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo;
- trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro».
Cfr. "Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio", Risoluzione 260 A (III), art. 2.
Cosa significa "genocidio"?
Il termine “genocidio” non esisteva prima del 1944. Si tratta di un termine molto specifico, che indica crimini violenti commessi contro determinati gruppi di individui con l’intento di distruggerli e annientarli (per diversi motivi), negando loro i "Diritti Umani", stabiliti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazione Unite del 1948, riguardano i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani.
Il termine "genocidio" è una parola d'autore coniata da Raphael Lemkin (1900-1959), giurista polacco di origine ebraica, studioso ed esperto del genocidio armeno, introdotta per la prima volta nel 1944, nel suo libro Axis Rule In Occupied Europe, opera dedicata all’Europa sotto la dominazione delle forze dell’Asse (Roma-Berlino-Tokyo).
L’autore vide la necessità di pensare a un neologismo per poter descrivere la Shoah (dall’ebraico = "catastrofe", "distruzione") o l’Olocausto (dal greco = “bruciare internamente”), e cioè le politiche naziste di sterminio sistematico che prevedevano anche la distruzione del popolo ebraico europeo (e non solo), ma facendo anche riferimento al genocidio armeno (il primo grande genocidio del XX° secolo perpetrato dall’Impero Ottomano tra il 1915 e il 1916, causando la morte di circa 1,5 milioni di persone).
Lemkin coniò la parola “genocidio” unendo il prefisso geno (dal greco γένος = razza o tribù) con il suffisso cidio (dal latino caedo = uccidere). Con tale termine, egli volle dare un nome a uno dei peggiori crimini che l'uomo possa commettere, ovvero
“l’insieme di azioni progettate e coordinate per la distruzione degli aspetti essenziali della vita di determinati gruppi etnici, allo scopo di annientare i gruppi stessi”.
Comportando la morte di migliaia o milioni di persone, nonché la perdita di patrimoni culturali immensi, il "genocidio" è definito dalla giurisprudenza come "crimine contro l'umanità".
L’anno seguente, il Tribunale Militare Internazionale, che aveva sede nella città tedesca di Norimberga, accusò alcune tra le massime autorità Naziste di “crimini contro l’umanità”. La parola “genocidio” venne quindi inclusa nell’atto d’accusa, sebbene solo come termine descrittivo, senza cioè autentico valore legale.
Lo sviluppo legale e internazionale del termine "genocidio" si è concentrato, dunque, in due distinti periodi storici:
1. il primo, compreso tra il momento dell’invenzione del termine e il suo accoglimento all’interno del Diritto Internazionale (1944-1948);
2. il secondo, comprende invece gli anni in cui il termine "genocidio" cominciò a essere introdotto nella pratica legale (1991-1998).
Alcuni studiosi ritengono il "genocidio" un sinonimo di pulizia etnica e di etnocidio, mentre altri lo considerano un fenomeno diverso, almeno per gradazione. Secondo Gérard Prunier, la "pulizia etnica" è lo sterminio di massa di una parte della popolazione per allontanare i sopravvissuti e occupare il territorio, mentre nel genocidio "vero" non esistono vie di fuga: anche i gruppi religiosi e politici non possono salvarsi attraverso la conversione o la sottomissione.
Un fattore considerato importante è l'intenzione genocida, il desiderio di distruggere la popolazione vittima in quanto tale (spesso assieme alla sua memoria culturale) e non solo quello di assicurarsi il controllo di territori o risorse economiche eliminando gli oppositori reali o potenziali. E questa intenzione è facilmente identificabile se è esplicita, sistematica e accompagnata da prove documentarie prodotte dall'aggressore.
Nel "genocidio", il massacro è un "fine" e non un mezzo.
"Prevenire” il genocidio o crimini simili commessi contro l’umanità rimane tuttora una "sfida aperta" che nazioni e individui continuano a fronteggiare. Ma per questo è necessario risvegliare la coscienza di ogni singolo uomo e influenzare il mondo politico a livello mondiale. A tale scopo è necessario "conoscere" e "ricordare" i genocidi passati, affinché non vengano mai più ripetuti…
"Il genocidio va oltre la guerra, perché l’intenzione dura per sempre, anche se non è coronato dal successo. È un’intenzione finale" (Christine Nyiransabimana, contadina ruandese).
Tipologia dei principali genocidi del XX° secolo, secondo Bernard Bruneteau:
ARMENIA (1915)
HOLODOMOR (1932-33)
SHOAH (1941-45)
PERSECUZIONE DEI SERBI IN JUGOSLAVIA (1941-45)
CAMBOGIA (1975-79)
RWANDA (1994)
BOSNIA (1992-95)
"Oggi abbiamo una grande responsabilità di fronte al mondo. Di fronte al sangue sparso dal terrore in Europa e Medio Oriente, di fronte al sangue dei cristiani perseguitati e agli attentati perpetrati contro civili inermi, anche all'interno dello stesso mondo arabo, di fronte agli orrendi crimini compiuti contro le donne, la Memoria non è un esercizio di autoconsolazione per riparare agli orrori commessi. La memoria del più grande genocidio della storia dell'uomo la teniamo viva affinché nulla di simile possa ripetersi. Questo il nostro impegno più grande per il futuro e per le nuove generazioni" (papa Francesco).