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L'evoluzione della figura di Odisseo NElla letteratUra

La figura mitica di Ulisse ha attraversato con multiformi interpretazioni la storia della letteratura

L'eroe Omerico, ripreso più volte da diversi autori di differenti letterature, diventa il simbolo della brama di conoscenza dell'uomo e della sua voglia di infrangerne i limiti.

GIOVANNI PASCOLI
L’eroe pascoliano «non ha per meta il futuro, ma il passato» (Giuseppe Leonelli)

Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855. Il padre morì ucciso quando Giovanni aveva 12 anni. Per reagire al trauma della sua scomparsa, Pascoli costruì l'immagine del nido, dove i pulcini superstiti resistono alla perdita del capofamiglia. Altri lutti segnarono la vita adolescenziale del poeta: la morte della madre e della sorella Margherita (1868), quella del fratello Luigi (1871) e del fratello Giacomo (1876).

Si laureò con ottimi voti (1882), identificando nello studio il luogo dove trovare rifugio ai suoi stati di angoscia e tentare una strada indipendente.

Morì il 6 aprile 1912 a Bologna.

"L'ultimo Viaggio"

Pubblicato per la prima volta nel volume dei Poemi Conviviali (1904), L’ultimo viaggio, suddiviso in XIV canti (come l’Odissea), racconta l’ultimo periodo della vita di Odisseo.

CALYPSO

E il mare azzurro che l’amò, più oltre spinse Odisseo, per nove giorni e notti, e lo sospinse all’isola lontana, alla spelonca, cui fioriva all’orlo carica d’uve la pampinea vite. ... ... ...

... ... ...Nudo tornava chi rigò di pianto le vesti eterne che la dea gli dava; bianco e tremante nella morte ancora, chi l’immortale gioventù non volle. Ed ella avvolse l’uomo nella nube dei suoi capelli; ed ululò sul flutto sterile, dove non l’udia nessuno: Non esser mai! non esser mai! più nulla, ma meno morte, che non esser più!

• Dopo essere tornato ad Itaca e aver vissuto per nove anni nella sua isola sognando continuamente il mare, l’eroe omerico decide di abbandonare la sua casa, la moglie, la terraferma dove presto lo raggiungerà la morte, per riprendere il viaggio, insieme ai suoi vecchi marinai.

• Questo ultimo viaggio, però, avviene sotto il segno della disillusione: Odisseo ripercorre rotte già battute ma non incontra più Polifemo e i ciclopi, Circe o il canto delle Sirene, tanto da pensare che tutte le avventure trascorse siano soltanto il frutto della sua immaginazione. Incontrerà solamente la dea Calipso: il cadavere di Odisseo, dopo il definitivo naufragio, sarà infatti trasportato dalle onde presso la sua grotta, in un’isola lontana e solitaria.

JAMES JOYCE
« Il moderno James Joyce può avere resistito vigorosamente contro il potere oppressivo della tradizione cattolica. Ma c'era un altro Joyce, dietro di lui, che rivendicava la sua fedeltà a quella tradizione, e non l'abbandonò mai, né volle abbandonarla ». (Andrew Gibson)

James Augustine Aloysius Joyce nacque a Dublino nel 1882, studiò presso i gesuiti e si laureò in lingue moderne all’università di Dublino. Una delle prime opere che scrive è “A portrait of the artist”, un saggio autobiografico. Nel frattempo scrive anche poesie e realizza raccolte come “Gente di Dublino”. Nel 1922 scrive il suo capolavoro, “Ulysses". Ulisse è un’opera a tratti autobiografica, nella quale racconta il mito dell’eroe dell’Odissea paragonato alle vicende della sua vita in Irlanda. Dopo l'inizio della guerra Joyce si trasferisce a Zurigo dove morirá nel 1941.

"Ulysses"

Il romanzo narra le vicende di un uomo moderno, un antieroe alle prese con i problemi e le vicissitudini quotidiane, non il destino di un eroe.

Si tratta di un’Odissea che racconta in modo minuzioso la realtà di ogni giorno, stravolgendo il canone epico della tradizione. James Joyce utilizza la tecnica del flusso di coscienza, per dare voce ai suoi personaggi.

I personaggi del romanzo di James Joyce, come Stephen Dedalus, assomigliano in qualche modo a quelli dell’Odissea di Omero. Stephen assomiglia alla figura di Telemaco, Leopold Bloom si identifica con Ulisse e Molly ci riporta alla figura di Penelope.

Il romanzo è caratterizzato da ben diciotto episodi divisi in tre sezioni: la prima denominata Telemachia, che riguarda le avventure di Stephen-Telemaco; la seconda sezione riguarda le avventure di Ulisse, ossia di Leopold Bloom e nella terza si descrive il ritorno del personaggio principale Bloom, che ritorna alla sua normale quotidianità, come fece Ulisse intraprendendo il suo Νόστος, verso Itaca.

UMBERTO SABA
"L'opera d'arte è sempre una confessione" (Umberto Saba

Poeta del XX secolo, Saba nacque il 9 Marzo 1883 a Trieste, da madre ebrea e padre cristiano. Il cognome Saba è un cognome d'arte.

Saba usò una poetica semplice e originale che si allontanava dalle correnti dominanti del tempo. Tutti gli aspetti della vita giornaliera e della sua stessa vita entrano nella sua poesia attraverso parole domestiche, le prime venute, "parole senza storia", e quindi scelte per la loro concreta oggettività.

Di Saba possiamo dire che egli si rende compartecipe dei sentimenti da lui espressi nelle sue stesse poesie; egli è infatti legato a ciò che racconta da una forte affettuosità, che fonde un oggettivismo con una spontanea soggettività.

Saba muore nove mesi dopo, il 25 agosto 1957, mentre sta lavorando alla stesura di Ernesto, rimasto incompiuto e pubblicato successivamente.

"Ulisse"

L’Ulisse che ama l’avventura, che non si vuole fermare mai, che disdegna il porto e preferisce sempre il mare aperto è quello più presente nella letteratura moderna e contemporanea. Il poeta triestino Umberto Saba si sente Ulisse proprio perché vuole un’esistenza piena, da vivere fino in fondo, con tutti i suoi rischi e dolori. Pur essendo ormai vecchio rifiuta la tranquillità: meglio veleggiare metaforicamente fra scogli insidiosi piuttosto che restare tra le luci rassicuranti del porto.

La lirica, tratta da "Mediterranee" pubblicata nel 1948 come conclusione del Canzoniere, rappresenta quasi un testamento spirituale con cui Saba rievoca la sua giovinezza e la sua maturità, paragonando la sua esistenza a un viaggio. Ma il pericolo e il rischio fanno parte della vita, e anche da vecchio, il poeta non sa rinunciare all'antico spirito di avventura.

CESARE PAVESE
"A che serve passare dei giorni se non si ricordano" (Cesare Pavese)

Cesare Pavese nacque il 9 settembre 1908 in un paesino delle Langhe in provincia di Cuneo. L'infanzia di Pavese non fu felice, segnò il suo stile letterario e la sua vita.

Nel 1926, conseguita la maturità liceale, si iscrisse alla Facoltà di lettere dell'Università di Torino e continuò a scrivere e a studiare con grande fervore l'inglese. L'interesse per la letteratura americana divenne sempre più rilevante e così iniziò ad accumulare materiale per la sua tesi di laurea.

Il 17 agosto aveva scritto sul diario, pubblicato nel 1952 con il titolo Il "mestiere" di vivere. Diario 1935-1950: «Questo il consuntivo dell'anno non finito, che non finirò» e il 18 agosto aveva chiuso il diario scrivendo: «Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più». In preda ad un profondo disagio esistenziale, tormentato dalla recente delusione amorosa con Constance Dowling, alla quale dedicò i versi di "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi", mise prematuramente fine alla sua vita il 27 agosto del 1950, in una camera di albergo a Torino, che aveva occupato il giorno prima.

Sulla prima pagina dei Dialoghi con Leucò, che si trovava sul tavolino aveva scritto: «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi». All'interno del libro era inserito un foglietto con tre frasi : una citazione dal libro, «L'uomo mortale, Leucò, non ha che questo d'immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia», una dal proprio diario, «Ho lavorato, ho dato poesia agli uomini, ho condiviso le pene di molti», e «Ho cercato me stesso».

"Dialoghi con Leucò" (1947)

Dialoghi tra personaggi della mitologia greca.

Tutti sanno che Odisseo naufrago, sulla via del ritorno, restò nove anni sull’isola Ogigia, dove non c’era che Calipso, antica dea……

• CALYPSO: Odisseo, non c’è nulla di molto diverso. Anche tu come me vuoi fermarti su un’isola. Hai veduto e patito ogni cosa. Io forse un giorno ti dirò quel che ho patito. Tutti e due siamo stanchi di un grosso destino. Perché continuare ? Che t’importa che l’isola non sia quella che cercavi ? Qui mai nulla succede. C’è un po’ di terra e un orizzonte. Qui puoi vivere sempre.

• ODISSEO: Una vita immortale.

• CALYPSO: Immortale è chi accetta l’istante. Chi non conosce più un domani. Ma se ti piace la parola, dilla. Tu sei davvero a questo punto?

• ODISSEO: Io credevo immortale chi non teme la morte.

• CALYPSO: Chi non spera di vivere. Certo, quasi lo sei. Hai patito molto anche tu. Ma perché questa smania di tornartene a casa? Sei ancora inquieto? Perché i discorsi che vai facendo tra gli scogli?

• ODISSEO: Se domani io partissi tu saresti felice?

• CALYPSO: Vuoi saper troppo, caro. Diciamo che sono immortale. Ma se tu non rinunci ai tuoi ricordi e ai sogni, se non deponi la smania e non accetti l’orizzonte, non uscirai da quel destino che conosci.

MILAN KUNDERA
"Il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l'uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione"... (Milan Kundera)

Scrittore ceco nato a Brno nell'attuale Repubblica Ceca nel 1929.

Nei suoi racconti e romanzi, che gli hanno procurato fama internazionale (tra di essi "L'insostenibile leggerezza dell'essere", 1984; "L'immortalità", 1990), ha affrontato i temi dell'attualità politico-sociale del suo paese inserendoli nella più vasta problematica della condizione dell'uomo moderno. Importanti le riflessioni sul romanzo europeo contenute in L'art du roman (1986).

"L'ignoranza"

La trama: Un uomo e una donna si incontrano per caso mentre tornano al loro paese natale, che hanno abbandonato vent’anni prima scegliendo la via dell’esilio. Riusciranno a riannodare i fili di una strana vicenda d’amore, appena iniziata e subito inghiottita dalla Storia? Il fatto è che dopo una così lunga assenza “i loro ricordi non si somigliano”. La nostra memoria è flebile: viviamo sprofondati in un immenso oblio, e ci rifiutiamo di saperlo. Solo coloro che, come Ulisse, tornano dopo vent’anni a Itaca possono contemplare, attoniti e abbagliati, la dea dell’ignoranza.

• In greco “ritorno” si dice Νόστος, Άλγος significa “sofferenza”. La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare.

• Ulisse, il più grande avventuriero di tutti i tempi, è anche il più grande nostalgico.

• Nel quinto canto dell’Odissea, Ulisse le dice: “So anch’io, e molto bene, che a tuo confronto la saggia Penelope per aspetto e grandezza non val niente a vederla… ma anche così desidero e invoco ogni giorno di tornarmene a casa.

• Omero rese gloria alla nostalgia con una corona d’alloro e stabilì in tal modo una gerarchia morale dei sentimenti. Penelope sta in cima, molto al di sopra di Calipso.

Calipso, oh Calipso! Penso spesso a lei. Ha amato Ulisse. Hanno vissuto insieme sette anni. Non sappiamo per quanto tempo Ulisse avesse condiviso il letto di Penelope, ma certo non così a lungo. Eppure tutti esaltano il dolore di Penelope e irridono le lacrime di Calipso.

SITOGRAFIA:

Oilproject.org, biografieonline.it, treccani, liceogalvani.it

ROSA CARRERI…

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